Stragi nelle scuole: una storia italiana
- 23 Apr 2008 alle 09:54:00

Il sopravvissuto
Edizioni Bompiani, 2005
pp. 370, euro 16
Scena iniziale: esami di maturità, prova orale, in un liceo del nord Italia. Entra Vitaliano Caccia, studente “difficile”, già ripetente e destinato a una seconda bocciatura ed... estrae la pistola e stermina i membri della commissione esaminatrice, a sangue freddo e in maniera raccapricciante.
Tutti tranne uno, il “sopravvissuto”, il professore di filosofia, Andrea Marescalchi, l’unico con cui Vitaliano avesse dialogo e in un certo senso feeling. Stop. Terribile. La descrizione lascia senza fiato. Dopo poche pagine di questa truculenta descrizione, inizia un altro libro: è il tentativo del “sopravvissuto” di dare un senso a quanto successo, di cercare di spiegare il perché del gesto e come mai nessuno degli insegnanti e dei compagni di Vitaliano avesse colto un indizio, un segnale di tanta crudele determinazione di sterminio. Il romanzo diventa un intreccio tra la narrazione e il diario, tra un flusso in avanti in cui il lettore segue i funerali, il cordoglio pubblico, le indagini, gli incontri con lo psichiatra, i continui pensieri del prof. Marescalchi alla ricerca della verità e la speranza che Vitaliano si faccia vivo per poter comprendere meglio; e un flusso all’indietro attraverso la lettura del diario che il professore ha tenuto per tutto l’anno scolastico, alla ricerca di un fatto o di una causa scatenanti. Dalla lettura del libro emerge fuori un quadro freddamente realistico della nostra società, una critica rassegnata e dolente della classe insegnante (peraltro il professore di filosofia appare come una figura altamente positiva di docente “sopravvissuto” alla follia burocratica e un po’ schizofrenica della scuola italiana attuale, un professore umano, in grado di dialogare con i suoi studenti e quasi di capirli, magari non fino al punto di prevedere e prevenire il gesto estremo di Vitaliano; da qui la sua profonda frustrazione) ma anche una critica dei genitori e di tutta la società degli adulti, schierati di fronte ai giovani come durante una battaglia. Sicuramente un libro ben scritto (quanto è bravo Andrea Scurati! Ha una padronanza quasi funambolica della lingua italiana. Ha una narrazione avvincente, che si ispira a tutti i generi letterari. Per inciso, nato a Napoli nel 1969, insegna Teo ria e tecnica del linguaggio televisivo al l’U niversità di Bergamo), che affronta mol ti temi at tua li: parla del mondo della scuola, di in se gnanti e adolescenti più o meno motivati e coinvolti, della violenza “ca sua le” di ogni giorno, non ultime le stragi in am bito scolastico – quelle vere, purtroppo – dei college americani e poi… in questo li bro sembra realizzato il sogno di ogni studente, magari il giorno prima dell’esame di maturità: poter ucciderli tutti, quei ma le detti professori!
Bellissimo romanzo che, sep pure in alcuni passaggi sicuramente tru ce, ha vinto nel 2005 il Premio Campiello.
Tutti tranne uno, il “sopravvissuto”, il professore di filosofia, Andrea Marescalchi, l’unico con cui Vitaliano avesse dialogo e in un certo senso feeling. Stop. Terribile. La descrizione lascia senza fiato. Dopo poche pagine di questa truculenta descrizione, inizia un altro libro: è il tentativo del “sopravvissuto” di dare un senso a quanto successo, di cercare di spiegare il perché del gesto e come mai nessuno degli insegnanti e dei compagni di Vitaliano avesse colto un indizio, un segnale di tanta crudele determinazione di sterminio. Il romanzo diventa un intreccio tra la narrazione e il diario, tra un flusso in avanti in cui il lettore segue i funerali, il cordoglio pubblico, le indagini, gli incontri con lo psichiatra, i continui pensieri del prof. Marescalchi alla ricerca della verità e la speranza che Vitaliano si faccia vivo per poter comprendere meglio; e un flusso all’indietro attraverso la lettura del diario che il professore ha tenuto per tutto l’anno scolastico, alla ricerca di un fatto o di una causa scatenanti. Dalla lettura del libro emerge fuori un quadro freddamente realistico della nostra società, una critica rassegnata e dolente della classe insegnante (peraltro il professore di filosofia appare come una figura altamente positiva di docente “sopravvissuto” alla follia burocratica e un po’ schizofrenica della scuola italiana attuale, un professore umano, in grado di dialogare con i suoi studenti e quasi di capirli, magari non fino al punto di prevedere e prevenire il gesto estremo di Vitaliano; da qui la sua profonda frustrazione) ma anche una critica dei genitori e di tutta la società degli adulti, schierati di fronte ai giovani come durante una battaglia. Sicuramente un libro ben scritto (quanto è bravo Andrea Scurati! Ha una padronanza quasi funambolica della lingua italiana. Ha una narrazione avvincente, che si ispira a tutti i generi letterari. Per inciso, nato a Napoli nel 1969, insegna Teo ria e tecnica del linguaggio televisivo al l’U niversità di Bergamo), che affronta mol ti temi at tua li: parla del mondo della scuola, di in se gnanti e adolescenti più o meno motivati e coinvolti, della violenza “ca sua le” di ogni giorno, non ultime le stragi in am bito scolastico – quelle vere, purtroppo – dei college americani e poi… in questo li bro sembra realizzato il sogno di ogni studente, magari il giorno prima dell’esame di maturità: poter ucciderli tutti, quei ma le detti professori!
Bellissimo romanzo che, sep pure in alcuni passaggi sicuramente tru ce, ha vinto nel 2005 il Premio Campiello.
Fabrizio Fusco