L’uomo ridisegna la geografia
- 16 Feb 2008 alle 09:56:00

Viaggi perduti per la semplice ragione che le loro mete non ci sono più. Intorno a questo progetto, si sono riuniti attori, giornalisti, musicisti per farci vedere con il loro sguardo (fisico o metaforico) questi posti scomparsi. Le immagini delle Twin Towers, o dei Budda di Bamyan restano a testimoniare un atto di fanatismo; al posto di quei manufatti ora c’è il vuoto.
Le immagini del ponte di Mostar minato e fatto saltare in aria, ancora più efficaci quando ci sembra di guardarle attraverso un vecchio televisore, magari in compagnia di qualcuno che le sta guardando mentre le trasmette, si immagina, un telegiornale. E subito dopo le immagini inedite di Gian Maria Volontè nel film di Angélopulos, che l’attore non ha mai finito di girare e che sono le sue ultime immagini.
Perché ci colpisce tanto che questi viaggi siano perduti? In fondo, dalle origini a oggi l’uomo ha sempre ricostruito sulle macerie delle sue guerre. Nuove città hanno preso il posto di altre, le architetture, testimonianza dell’ingegno dei popoli, si stratificano, si mescolano. Per anni abbiamo cercato di ritrovare città non più esistenti, abbiamo scavato, dissotterrato, ritrovato e lì dove le vestigia sono solo pietre, mura, percorsi, immaginato luoghi abitati, vissuti da popoli lontani, essi stessi scomparsi e di cui talvolta restano solo i manufatti che sono loro sopravvissuti.
E allora perché “I viaggi perduti”?
Perché questa sensibilità verso ciò che abbiamo visto e che ora non potremo più vedere? Forse perché viviamo nel tempo dell’immagine. Dalla metà del secolo scorso, la televisione ha fatto vedere a ognuno di noi luoghi irraggiungibili; poi questi luoghi, con il turismo alla portata di un gran numero di persone, sono diventati meno irraggiungibili; in seguito ognuno ha avuto una macchina fotografica e una videocamera, infine internet.
La globalizzazione delle immagini ha fatto sì che i luoghi ci appartenessero. “Pa trimonio dell’umanità” non è un modo di dire. C’è ovviamente molto più di questo. Il libro “I viaggi perduti” si apre con una frase di Levi Strass, da un brano di Tristi tropici che sarà letto in finale da Neri Marcorè: “Quanto alle creazioni dello spirito umano, il loro sen so non esiste che in rapporto all’uomo e si confonderanno nel disordine quando egli sarà scomparso”.
Forse è questo rapporto dell’uomo con le creazioni del suo spirito a determinare il contenuto emotivo e la partecipazione personale, passionale e ideale con ciò che si è perduto.
Maria Francesca Siracusano