CS. DIRITTI DELL’INFANZIA IN ITALIA: QUASI UN BAMBINO SU TRE A RISCHIO POVERTA’ ED ESCLUSIONE SOCIALE, OFFERTA EDUCATIVA E CULTURALE CON DIVARI NOTEVOLI TRA NORD E SUD. BASSA NATALITÀ DIFFUSA OVUNQUE
- 27 Mar 2019 alle 17:49:25
COMUNICATO STAMPA
27 marzo 2019
DIRITTI DELL’INFANZIA IN ITALIA: QUASI UN BAMBINO SU TRE A RISCHIO POVERTA’ ED ESCLUSIONE SOCIALE, OFFERTA EDUCATIVA E CULTURALE CON DIVARI NOTEVOLI TRA NORD E SUD. BASSA NATALITÀ DIFFUSA OVUNQUE
Presentati oggi i dati regione per regione del Gruppo CRC. Cinque raggruppamenti tematici definiti, declinati per ogni singola regione d’Italia.
Torino – In Italia, quasi 1/3 dei bambini e degli adolescenti sono a rischio povertà ed esclusione sociale [1]; gravi sono i divari regionali: in Sicilia sono il 56%, in Calabria sono il 49%, in Campania il 47%, in Puglia il 43%. All’opposto, Friuli ed Emilia Romagna (circa 1 bambino su 7, ovvero rispettivamente il 14,9% e il 15,8%) poi Veneto (17,5%) e Umbria (20%). Sono 2.156.000 i bambini e ragazzi che oggi in Italia vivono in condizioni di povertà relativa; più di un minorenne su 5. Il Rapporto “I diritti dell’infanzia e dell’Adolescenza in Italia: I dati regione per regione 2018”, del Gruppo CRC, fotografa nel dettaglio l’incidenza in ciascuna regione, indicando quanti vivono, e dove, molto al di sotto della media nazionale. In questo contesto l’Italia è il secondo paese più vecchio del mondo, caratterizzato da bassa natalità in quasi tutte le regioni, con livelli preoccupanti in Liguria e Sardegna, dove nascono 6 bambini ogni mille abitanti (6,1). Bolzano invece stacca di 3,5 punti la media italiana (10,2 vs 7,6).
Il Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) è un network attualmente composto da 96 soggetti del Terzo Settore che da tempo si occupano attivamente della promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ed è coordinato da Save the Children Italia. Al fine di facilitare la comprensione della condizione dei minori nei diversi territori, quest’anno si è deciso di sperimentare una nuova pubblicazione con l’obiettivo di fornire una fotografia regione per regione in grado di offrire una panoramica sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza nei vari territori, presentata oggi a Torino: “I diritti dell’infanzia e dell’Adolescenza in Italia: I dati regione per regione 2018”. La pubblicazione restituisce una fotografia su base territoriale realizzata a partire dai dati disponibili dalle fonti ufficiali disaggregati su scala regionale.
Come evidenziato da sempre con i Rapporti CRC, anche dalla lettura di questi dati emerge una forte differenziazione territoriale che impone una riflessione a livello nazionale e locale: come recentemente proposto anche dal Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nelle proprie raccomandazioni all’Italia occorre “portare avanti misure urgenti per rispondere alle disuguaglianze regionali rispetto all’accesso al sistema sanitario, alla lotta alla povertà, alla garanzia di alloggi dignitosi, inclusa la prevenzione di sgomberi, allo sviluppo sostenibile e all’educazione in tutto il Paese” [2]. Questo primo lavoro di ricognizione dei dati esistenti permette anche di evidenziare le lacune del sistema nazionale e regionale di monitoraggio e di raccolta dati sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza. I dati sono suddivisi in schede regionali e in cinque raggruppamenti tematici definiti: 1) Dati demografici, 2) Ambiente familiare e misure alternative, 3) Educazione, gioco e attività culturali, 4) Salute disabilità e servizi di base, 5) Povertà e protezione.
1. Dati demografici
La fotografia del paesaggio demografico non presenta nel complesso grandi divari regionali. Tuttavia vi sono regioni come Liguria e Sardegna dove la natalità è decisamente bassa (6,1) e regioni in cui il numero dei nati per ogni mille abitanti è invece superiore alla media nazionale, come Sicilia (8,2) Trento (8,3) Campania (8,6) e Bolzano, che stacca di 3,5 punti la media italiana (10,2 Vs 7,6). Per una fotografia di ciò che la denatalità produce nel tempo sono importanti i dati sull’incidenza dei minori di 18 anni sul totale della popolazione: se la media italiana è già molto bassa (16,2%) alcune regioni presentano, in questo senso, percentuali allarmanti. La Liguria con 2,5 punti sotto la media (13,7) è la regione più anziana d’Italia, mentre la regione con la percentuale maggiore di 0-17enni è Bolzano (19,1). Le regioni dove la presenza di minori di origine straniera ha maggior peso sono l’Emilia Romagna (16,1%) e la Lombardia (15,8%). Rispetto alla composizione dei nuclei familiari in alcune regioni del Sud la percentuale di famiglie numerose è più elevata della media, mentre la quota di nuclei monogenitoriali è particolarmente elevata nel Lazio (21,4%), in Liguria (19,5%) e in Campania (19,2%) a fronte di una media italiana del 16,1%. Infine, un indicatore demografico positivo, la speranza di vita alla nascita, che in Italia è tra le più elevate al mondo (82,7 anni). Anche qui con delle punte positive in Lombardia e Marche (83,3) che fanno da contraltare a regioni dove invece il dato è più basso, come la Campania (81,1).
2. Ambiente familiare e misure alternative
Il sistema italiano e quello regionale evidenziano tuttora importanti carenze e non dispongono di un sistema di raccolta dati in grado di garantire – in tempi certi e il più possibile tempestivi – un’adeguata conoscenza del numero e delle caratteristiche dei minorenni fuori dalla propria famiglia d’origine e del loro percorso di accoglienza.
In relazione all’affido familiare i dati confermano il ricorso all’affido ai parenti quale pratica largamente diffusa in particolare nelle regioni del sud, (che raggiunge l’82% del totale degli affidi in Basilicata, il 78,3 % in Molise, il 76,9% in Campania, 73,7% in Puglia, rispetto ad una media nazionale del 47,7%. Se si considera invece la durata degli affidi, si evidenzia una situazione piuttosto differenziata per gli affidi a lungo temine, oltre i 4 anni) che vede percentuali molto alte fino al 91,1% sul totale degli affidi nel Veneto per scendere al 27,9% del Piemonte e al 17% del Friuli VG, e, mentre la media nazionale si attesta al 42,3%.
In riferimento all’accoglienza in comunità i dati evidenziano una forte presenza di minorenni stranieri, al netto dei minori stranieri non accompagnati, (36,3% rispetto al totale dei residenti nei servizi residenziali a livello nazionale), in particolare se letta in relazione al tasso di minori stranieri sul totale della popolazione minorile in Italia (10,6%). In alcune Regioni i collocamenti in comunità di minorenni stranieri raggiungono percentuali prossime al 50% del totale dei minori collocati (49,1% in Emilia Romagna, 54,8% in FVG, 64,8% in Molise).
3. Educazione, gioco e attività culturali
Per quanto riguarda l’offerta educativa per i bambini dalla nascita ai sei anni la lettura dei dati regionali restituisce un quadro con divari notevoli. La percentuale di posti disponibili nei servizi educativi per l’infanzia rispetto alla popolazione sotto i tre anni si colloca sotto la media nazionale (22,8%) in tutte le regioni meridionali, in particolare in Campania (6,4%), Calabria (8,7%) e Sicilia (9,9%) mentre la Sardegna si distingue in positivo con il 27,9%. A differenza delle regioni del sud, la copertura di servizi offerta ai piccoli al Centro-Nord è invece molto elevata, come dimostra il 37,2% dell’Umbria, il 35,7% della Emilia-Romagna e il 33,1% della Prov. di Trento. La distribuzione territoriale di tali servizi all’interno di ogni regione, come rilevato dalla percentuale di comuni dotati di almeno un servizio, varia da percentuali irrisorie come quella della Calabria (6% dei comuni) a una copertura estesissima come in Friuli, dove il 100% dei comuni dispone di almeno un servizio. La scarsità nell’offerta di servizi educativi per l’infanzia nelle regioni meridionali non corrisponde però a un disinteresse da parte delle famiglie; si vede che la domanda disattesa delle famiglie si riversa nell’accesso anticipato dei bambini sotto i tre anni nella scuola dell’infanzia dove rischiano di trovare una risposta non adeguata alle esigenze educative e di cura dell’età, come accade al 10% dei bambini in Calabria, mentre in Emilia Romagna l’accesso anticipato si limita al 2,2%.
La media dei costi a carico dei comuni è di 6 mila euro annui (Istat, 2014) per ogni bambino, e quella a carico degli utenti è 1.500 euro (il 20% del costo complessivo). Al Sud il costo a carico degli utenti è molto più contenuto (500-600 euro annui) mentre raggiunge il massimo nelle Province di Trento e Bolzano (rispettivamente 2.300 e 2.500 euro), dove anche i Comuni però investono molto di più nei servizi all’infanzia (8.200 e 7.400 euro).
Per la fascia di bambini 3-6 anni, in alcune regioni del Sud è quasi sempre lo Stato a gestire le scuole dell’infanzia, come nel caso della Calabria, dove il 99% delle scuole dell’infanzia pubbliche è statale. L’offerta comunale è invece più sviluppata nel Lazio e in Emilia Romagna, dove oltre ¼ delle scuole pubbliche è gestito dai Comuni.
Le povertà educative non nascono però solo all’interno della scuola. Se in Italia la metà dei bambini non ha letto neppure un libro in un anno (a parte i testi scolastici) vi sono regioni in cui questa percentuale raggiunge il 65% (Sicilia, Campania, Calabria), a fronte di meno di 1/3 a Trento, dove, infatti, la possibilità di utilizzare una biblioteca pubblica accogliente è ben maggiore. Molto interessante anche il dato sulla quota di ragazzi che visitano musei, monumenti, siti archeologici – in media solo 1/3 ha visitato monumenti e solo la metà un museo. A Trento, i ¾ dei bambini e adolescenti hanno visitato almeno un museo, in Liguria 3 su 5, mentre in Calabria ben 3 bambini su 4 non hanno messo piede in un museo nel corso di un anno. Anche essere stati spettatori di uno spettacolo teatrale è un lusso che in alcune regioni riguarda un numero limitatissimo di bambini: in Calabria e Molise solo 1 bambino su 5, in Campania 1 su 4 e nella maggior parte delle regioni solo 1 su 3, che corrisponde alla media nazionale.
Anche il numero di minori tra i 3 e i 17 anni che praticano sport in modo continuativo varia sensibilmente da regione a regione a: in Campania e Sicilia meno di 1/3 è attivo, a fronte del 64% nel Lazio, e del 62% in Toscana e Umbria, mentre la media nazionale si attesta al 50% circa.
4. Salute disabilità e servizi di base
La recente approvazione di un modello di sistema di Garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza riflette in maniera trasversale anche per l’area pediatrica una erogazione dell’offerta a macchia di leopardo. Dati primari relativi a mortalità̀ infantile, obesità̀ e sovrappeso, numero di parti cesarei, etc. si confermano ad esempio anche in questo rapporto con tassi ancora elevati e notevoli differenze regionali.
Ad esempio la mortalità infantile varia di molto tra il Nord (Friuli Venezia Giulia al 2,1 per mille e Piemonte 1,6 per mille) e il Sud (Basilicata 3,6 per mille, Calabria 4,7 e Sicilia 4,1) con una media nazionale che si attesta al 2,8 per mille.
Dati parzialmente positivi, dopo anni di interventi specifici, sono quelli inerenti a sovrappeso ed obesità. Infatti la disparità di incidenza tra le Regioni sembrerebbe oggi leggermente diminuita e la prevalenza arrestarsi sebbene con tassi che permangono comunque più elevati al Centro-Sud (ad esempio in Campania sovrappeso ed obesità si attestano rispettivamente al 26,2% e 13,2%) rispetto altre macroaree del Paese (Friuli Venezia Giulia al 19,1% e 4,2%, la Lombardia con il 19,2% e 4,5%, il Piemonte al 18,4% e 4,7% e la Sardegna con il 17,2% e 4,8%, a fronte di una media nazionale del 21,3% e 7,2%).
5. Povertà e protezione
In Italia oltre un minore su 5 vive in povertà relativa. Umbria, Friuli e Liguria sono regioni con 27-28% di minori in povertà relativa, dove però alle famiglie con bambini sono offerti molti servizi. Poi ci sono Puglia, Campania e Sardegna con 1/3 di minori in povertà, e infine Calabria e Sicilia dove il 42% dei minori sono in povertà relativa. Emilia, all’opposto, sono le regioni dove il benessere è più diffuso e solo il 10-11% dei bambini vive in famiglie con livelli di spesa bassi rispetto alla media italiana, cioè è in povertà relativa.
In Italia quasi 1/3 dei bambini e degli adolescenti sono a rischio di povertà ed esclusione sociale, con gravi divari regionali: in Sicilia sono il 56%, in Calabria sono il 49%, in Campania il 47%, in Puglia il 43%. All’opposto, Friuli ed Emilia Romagna (circa 1 bambino su 7) poi Veneto (17,5%) e Umbria (20%).
Nel 2018 sono stati censiti nel sistema di accoglienza 12.457 minori stranieri non accompagnati (arrivati in Italia senza un adulto di riferimento), in netta diminuzione rispetto al 2017 (erano oltre 18 mila). Si stima poi che quasi 5 mila minori (4.981) siano arrivati in Italia e subito spariti (irreperibili). La distribuzione territoriale è molto sbilanciata, visto che oltre 5 mila (il 42%) sono presenti in Sicilia (anche la metà degli irreperibili erano segnalati in Sicilia). Le altre regioni che accolgono i MSNA sono la Lombardia (il 7,8% del totale), Emilia Romagna e Lazio (6,8%), Calabria e Friuli (6 e 5%).
“In Italia permangono ancora numerose e profonde diseguaglianze regionali nell’accesso e nella qualità dei Servizi di salute, dei servizi educativi, e nell’incidenza della povertà, che di fatto significa che le persone di minore età hanno differenti opportunità e diritti a seconda di dove nascano e crescono. Si tratta di forte discriminazione su base regionale, che ha un forte impatto sulla vita dei bambini, e che rende indispensabile avviare una riflessione strategica rispetto alle politiche per l’infanzia e adolescenza, da cui derivi l’assunzione di un impegno reale da parte delle istituzioni competenti per risolvere le criticità ancora insolute”. Commenta Arianna Saulini, di Save the Children, coordinatrice del Gruppo CRC. “Con questo lavoro le Associazioni del Gruppo CRC intendono stimolare un processo che porti ad una maggiore conoscenza e consapevolezza della condizioni dell’infanzia nei singoli territori, e conseguentemente superare le disparità che si fanno sempre più acute”.
[1] L’AROPE è l’indicatore di rischio povertà ed esclusione sociale calcolato attraverso l’indagine europea Eu-Silc, definito come l’insieme delle famiglie a basso reddito e/o a bassa intensità lavorativa e/o con grave deprivazione materiale.
[2] CRC/C/ITA/CO/5-6, punto 15 lett.a
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