Strada, patria sinta. Cento anni di storia nel racconto di un saltimbanco sinto
- 20 Gen 2009 alle 17:26:00
Gnugo De Bar, Luca Puggioli
Strada, patria sinta. Cento anni di storia nel racconto di un saltimbanco sinto
Fatatrac, 1998
pp. 52, euro 9,30
Per l’acquisto memo@comune.modena.it
Uno zingaro saltimbanco, Gnugo De Bar, racconta la sua storia e quella della sua famiglia arrivata in Italia, a piedi, nel 1900.
Il libro che la raccoglie ci fa entrare nel mondo degli zingari sinti e dell’antica arte del circo, dove si mescolano fatica, tenacia e orgoglio, grandi abilità e coraggio. Sfilano sotto i nostri occhi tanti personaggi e le loro attività inusuali, dal nonno Jean contorsionista allo zio Rus equilibrista, dalle esibizioni nelle piazze con pochi attrezzi fino al primo circo con il tendone (il sapitò) e numeri sempre più sofisticati.
La storia dei De Bar si intreccia con la storia d’Italia, che li vedrà partecipi della resistenza, con il soprannome di “Leoni di Breda Solini” per le loro azioni audaci contro i tedeschi in quella zona del
mantovano (oggi Rivarolo) e poi vittime delle leggi razziali, con la deportazione del nonno Jean in un campo di concentramento. Gli anni che Gnugo definisce i più belli della sua vita vanno dal 1950 al 1960.
Allora la gente era amica dei circensi e succedeva che, dopo lo spettacolo, “si facessero mangiate e bevute insieme agli spettatori”. Poi iniziarono gli anni difficili, il pubblico calava, preferiva altri divertimenti, e gli incassi si ridussero al punto da costringere gli zingari a cercare altre attività. Diventarono perciò giostrai, cosa che permetteva loro di spostarsi e vivere in modo accettabile. Ma presto arrivarono le giostre dei gagi (noi che non siamo zingari), più ricche e attrezzate, che li spiazzarono. Quando negli anni ’80 le Amministrazioni decisero di costruire i Campi sosta per gli zingari, anche i De Bar furono costretti ad andarci.
Nel Campo di via Baccelliera, un educatore del Comune di Modena (Luca Puggioli) ha incontrato il vecchio Gnugo e si è fatto raccontare la sua storia. L’ha trascritta nel modo più fedele possibile in questo libro, arricchendolo con fotografie e disegni particolarmente belli. Un libro che si legge e si guarda, che fa incontrare un popolo, una cultura e una storia che noi gagi conosciamo troppo poco.
Il libro che la raccoglie ci fa entrare nel mondo degli zingari sinti e dell’antica arte del circo, dove si mescolano fatica, tenacia e orgoglio, grandi abilità e coraggio. Sfilano sotto i nostri occhi tanti personaggi e le loro attività inusuali, dal nonno Jean contorsionista allo zio Rus equilibrista, dalle esibizioni nelle piazze con pochi attrezzi fino al primo circo con il tendone (il sapitò) e numeri sempre più sofisticati.
La storia dei De Bar si intreccia con la storia d’Italia, che li vedrà partecipi della resistenza, con il soprannome di “Leoni di Breda Solini” per le loro azioni audaci contro i tedeschi in quella zona del
mantovano (oggi Rivarolo) e poi vittime delle leggi razziali, con la deportazione del nonno Jean in un campo di concentramento. Gli anni che Gnugo definisce i più belli della sua vita vanno dal 1950 al 1960.
Allora la gente era amica dei circensi e succedeva che, dopo lo spettacolo, “si facessero mangiate e bevute insieme agli spettatori”. Poi iniziarono gli anni difficili, il pubblico calava, preferiva altri divertimenti, e gli incassi si ridussero al punto da costringere gli zingari a cercare altre attività. Diventarono perciò giostrai, cosa che permetteva loro di spostarsi e vivere in modo accettabile. Ma presto arrivarono le giostre dei gagi (noi che non siamo zingari), più ricche e attrezzate, che li spiazzarono. Quando negli anni ’80 le Amministrazioni decisero di costruire i Campi sosta per gli zingari, anche i De Bar furono costretti ad andarci.
Nel Campo di via Baccelliera, un educatore del Comune di Modena (Luca Puggioli) ha incontrato il vecchio Gnugo e si è fatto raccontare la sua storia. L’ha trascritta nel modo più fedele possibile in questo libro, arricchendolo con fotografie e disegni particolarmente belli. Un libro che si legge e si guarda, che fa incontrare un popolo, una cultura e una storia che noi gagi conosciamo troppo poco.
Luisella Grandori