Fortaleza e Renacer, case di accoglienza in Bolivia: un luogo fortunato
- 06 Ago 2007 alle 16:27:00

La speranza in galera
Nuova Iniziativa
Editoriale SpA
pp. 95 ; suppl. gratuito al giornale l’Unità
Appena finito di leggere questo libretto di Giampiero Rossi e Pietro Ruffolo, ho pensato che molte delle parole scritte e delle storie raccontate andavano divulgate il più possibile sia per le emozioni che trasmettono che per il messaggio che qualcosa si può e si deve sempre fare. E poi è un bell’antidoto a tanti e diffusi pregiudizi e luoghi comuni, purtroppo presenti anche nei pensieri di non pochi professionisti sociali e sanitari. E allora vi invito a cercarlo, trovarlo e leggerlo e, per stimolare la vostra curiosità, vi dico che ci sono anche delle belle foto ambientate in Bolivia, terra
dove “la gente dimostra una ferocia inaudita nei confronti dei ladri; in un mondo fatto quasi esclusivamente di poveri rubare è un elitto intollerabile”. Vi si racconta l’esperienza di “Fortaleza” e “Renacer”, le case di accoglienza, in Bolivia, maschile e femminile per i minorenni “fortunati” pur nella disgrazia, come dice Livia Pomodoro nell’introduzione al libro dove si legge pure che “il racconto offre un affresco di una società divaricata tra un benessere ottuso e oligarchico e una povertà, non solo materiale, relegata lontano, possibilmente in luoghi ‘non luoghi’ che la rendano sempre meno visibile”. Dietro l’esperienza di “Fortaleza” ci stanno giudici coraggiosi, volontari e operatori: soprattutto Mario Mazzoleni, un italiano trapiantato in Bolivia per amore di una donna ma che poi ha trasformato la propria vita in una missione apparentemente impossibile: rileggere il passato di questi adolescenti e tentare di riscriverne il futuro. Un futuro che non può essere garantito dalla permanenza nel terribile carcere di Palmasola, che è a Santa Cruz de la Sierra, la seconda città della Bolivia, dove la presenza delle persone viene descritta come una “marmellata umana” termine quanto mai efficace a rappresentare squallore e mortificazione di qualsiasi dignità umana.
Se dobbiamo avere qualche speranza che per qualcuno la catena della povertà, e di tutto quello che essa si porta dietro, si possa interrompere, dobbiamo credere che non si nasce delinquenti, o maleantes, come li chiamano in Bolivia, ma si nasce con l’enorme sfortuna di non ricevere amore e attenzione non solo dalle figure genitoriali, ma anche dalla comunità.
dove “la gente dimostra una ferocia inaudita nei confronti dei ladri; in un mondo fatto quasi esclusivamente di poveri rubare è un elitto intollerabile”. Vi si racconta l’esperienza di “Fortaleza” e “Renacer”, le case di accoglienza, in Bolivia, maschile e femminile per i minorenni “fortunati” pur nella disgrazia, come dice Livia Pomodoro nell’introduzione al libro dove si legge pure che “il racconto offre un affresco di una società divaricata tra un benessere ottuso e oligarchico e una povertà, non solo materiale, relegata lontano, possibilmente in luoghi ‘non luoghi’ che la rendano sempre meno visibile”. Dietro l’esperienza di “Fortaleza” ci stanno giudici coraggiosi, volontari e operatori: soprattutto Mario Mazzoleni, un italiano trapiantato in Bolivia per amore di una donna ma che poi ha trasformato la propria vita in una missione apparentemente impossibile: rileggere il passato di questi adolescenti e tentare di riscriverne il futuro. Un futuro che non può essere garantito dalla permanenza nel terribile carcere di Palmasola, che è a Santa Cruz de la Sierra, la seconda città della Bolivia, dove la presenza delle persone viene descritta come una “marmellata umana” termine quanto mai efficace a rappresentare squallore e mortificazione di qualsiasi dignità umana.
Se dobbiamo avere qualche speranza che per qualcuno la catena della povertà, e di tutto quello che essa si porta dietro, si possa interrompere, dobbiamo credere che non si nasce delinquenti, o maleantes, come li chiamano in Bolivia, ma si nasce con l’enorme sfortuna di non ricevere amore e attenzione non solo dalle figure genitoriali, ma anche dalla comunità.
Francesco Morandi