Noi medici sappiamo scrivere?
- 12 Giu 2007 alle 10:14:00

Pubblicazioni mediche
Guida alla scrittura
SEEd, Torino - pp. 119, euro15
Se sia più difficile scrivere un buon articolo per una rivista medica o saperlo leggere bene è problema che si dibatte nelle redazioni; qualche anno fa la discussione avvenne sul New England Journal of Medicine. L’opinione più diffusa è che sono diverse le competenze necessarie, ma chi sa scrivere un buon articolo di solito sa anche valutare la correttezza degli articoli che viene leggendo. Non accade sempre il contrario perché il peso del contenuto scientifico va accompagnato dalle regole della comunicazione perché un articolo venga adeguatamente e il più facilmente possibile compreso dal lettore, per il quale non devono mai sussistere incertezze di interpretazione. Il lettore non deve mai trovarsi nella situazione di dovere rileggere più volte un passaggio di un articolo perché non lo ha compreso. Insomma – dice Bobbio nella introduzione – non basta avere buoni dati ottenuti correttamente. Il libretto che recensiamo dà alcune linee guida per scrivere un buon articolo dal titolo, all’abstract, alla bibliografia, alla scelta delle tabelle (meglio poche che molte), alle figure (che non ripetano le tabelle e siano leggibili di primo acchito). Dà poi alcune indicazioni per il percorso della peer review. Questo capitolo andrebbe letto sia da chi segue la peer review nelle redazioni che dagli autori che la “subiscono”. Il termine “subiscono” è quanto mai appropriato: gli autori la accettano con fastidio (ognuno si innamora di ciò che ha scritto) e sembrano non sapere che nella pratica l’accettazione dell’articolo al primo invio è un evento quanto mai raro (all’incirca il 5%) e l’accettazione dopo la prima revisione si aggira attorno al 25%. Certamente la peer review non è un processo perfetto; i revisori non sono infallibili, ma comunque lavorano non sapendo chi ha scritto l’articolo e il sistema è comunque per l’oggi il migliore possibile. Nel libretto che recensiamo sono presentate alcune proposte per un suo miglioramento. La dichiarazione di esplicitazione di conflitto di interesse è oramai diffusa in tutto il mondo (l’Italia ne fa parte?) soprattutto nell’ambito degli articoli di ricerca.
Nella lettera che Quaderni acp invia agli autori si fa esplicitamente questa richiesta:
“Le ricordiamo che è obbligatorio dichiarare l’esistenza o meno di un conflitto d’interesse in relazione all’argomento trattato (nella elaborazione e nella scrittura dell’articolo sono stati utilizzati fondi, strumenti, attrezzature, materiali provenienti dall’esterno della struttura in cui opera l’A? E se sì chi li ha forniti? Industrie? Enti? Privati?). L’eventuale esistenza di un conflitto di interessi non comporta necessariamente il rifiuto alla pubblicazione. La dichiarazione consente alla redazione (e, in caso di pubblicazione, al lettore) di esserne a conoscenza e di giudicare quindi con maggiore cognizione quanto contenuto nell’articolo”.
Nella lettera che Quaderni acp invia agli autori si fa esplicitamente questa richiesta:
“Le ricordiamo che è obbligatorio dichiarare l’esistenza o meno di un conflitto d’interesse in relazione all’argomento trattato (nella elaborazione e nella scrittura dell’articolo sono stati utilizzati fondi, strumenti, attrezzature, materiali provenienti dall’esterno della struttura in cui opera l’A? E se sì chi li ha forniti? Industrie? Enti? Privati?). L’eventuale esistenza di un conflitto di interessi non comporta necessariamente il rifiuto alla pubblicazione. La dichiarazione consente alla redazione (e, in caso di pubblicazione, al lettore) di esserne a conoscenza e di giudicare quindi con maggiore cognizione quanto contenuto nell’articolo”.
Giancarlo Biasini