Il domani che verrà
- 11 Dic 2014 alle 08:49:45
Paolo Siani Presidente ACP
[Quaderni acp 2014; 21(6): 243]
Al termine del XVI Congresso Nazionale dell’ACP tenutosi a Cesena, dove si è parlato del domani che verrà, e stimolato dalle ottime relazioni ascoltate e dalla tavola rotonda dal titolo “Dove va la pediatria” a cui hanno partecipato il Vicepresidente della SIP e il Presidente della FIMP, che hanno espresso un parere molto positivo sul documento ACP relativo al futuro della pediatria in Italia, vorrei fare con voi soci e con i lettori di Quaderni acp una considerazione e una riflessione su dove va la pediatria, e a chi interessa oggi investire veramente sull’infanzia.
Vorrei partire dalle considerazioni del Presidente della SIP Giovanni Corsello, che invita a una riflessione rigorosa sui risultati ottenuti dalla “sanità delle Regioni”, partendo dai dati che evidenziano disomogeneità a dir poco sconcertanti rispetto a questioni cruciali per la tutela della salute dei bambini. E in particolare Corsello afferma che «il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2012-2014 non è bastato a superare il disorientamento per quello che nell’introduzione veniva eufemisticamente de finito “un mosaico estremamente variegato”. La “massima uniformità dell’applicazione sul territorio nazionale della diagnosi precoce neonatale”, annunciata in un comma della Leg ge di Stabilità per il 2014, resta a oggi poco più che un wishful thinking. Rete punti nascita, assistenza oncologica e cure palliative sono le faglie di disuguaglianze semplicemente odiose, perché si aprono là dove sono immediatamente in gioco questioni di vita e di morte». Per non parlare dei posti letto nei reparti di Terapia Intensiva Neonatale (TIN), che in mol te aree del Paese sono largamente inferiori a quelli previsti dagli standard internazionali. «I bambini italiani, oggi, non sono tutti uguali di fronte all’articolo 32 della Costituzione e purtroppo la Regione nella quale sono nati e vivono “fa la differenza” dal punto di vista della qualità delle prestazioni offerte», come sottolinea il Rapporto Verifica Adempimenti LEA 2012, pubblicato il 2 luglio 2014 a cura della Direzione Generale programmazione sanitaria del Ministero della Salute. Tutte considerazioni vere e pienamente condivisibili, considerando anche, come ci ricorda Giancarlo Biasini, che la prima ipotesi del Governo Renzi era di modificare il Titolo V per fare cessare l’anomalia dei 21 sistemi sanitari uno per ogni Regione. Ora la Commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato una nuova versione del Titolo V e tutte le modifiche che riguardavano gli articoli 117 e 118 della Costituzione rafforzano le competenze delle Regioni rispetto al testo governativo. In particolare le modifiche lasciano agli enti locali il potere di legiferare su “pianificazione del territorio regionale [...], programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali [...], istruzione e formazione professionale”. Quindi salvano l’obbrobrio dei 21 servizi regionali. Il ridicolo vie ne raggiunto con la introduzione di una clausola di salvaguardia: “il Governo può intervenire a tutela dell’interesse nazionale” che difficilmente riguarderà la sanità. In somma rimarranno i 21 sistemi sanitari regionali. Gli esempi riportati dalla SIP si potrebbero moltiplicare. Il gruppo CRC nel 7° Rapporto sul monitoraggio della Convenzione sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (www.gruppocrc.net ) riporta che solo l’11,8% dei bambini sotto i 3 anni di età ha avuto accesso ai nidi comunali e l’1,6% ai servizi integrativi. Inoltre viene segnalata la mancanza di un sistema di raccolta dati inerenti all’infanzia e all’adolescenza in Italia. ACP alcuni mesi fa ha inviato un appello al premier, chiedendo di investire sull’infanzia, sui bambini che nascono oggi, nel 2014. ACP chiede al Governo, al Parlamento e a tutti i decisori politici locali e territoriali:
– di promuovere senza rinvii ulteriori un piano di sostegno alle politiche per l’infanzia;
– che si effettui un’analisi specifica di tutti i fondi statali e regionali destinati all’infanzia e che tali fondi siano erogati in modo equo, tenendo conto dei bisogni della popolazione infantile in tutte le Regioni italiane;
– che l’Italia, come per esempio la Germania, investa sugli asili nido;
– che le risorse per i servizi all’infanzia siano storicizzate ed erogate con continuità, perché una politica fatta di stanziamenti “una tantum” non favorisce la creazione di un sistema a supporto della famiglia e dei bambini.
Concordiamo con la SIP che quello che occorre è in realtà un ripensamento radicale degli esiti della “regionalizzazione” del sistema sanitario, per fermare la tendenza alla divaricazione fra le Regioni ed evitare che il cerino di servizi inadeguati o semplicemente inesistenti resti nelle mani dei soggetti più poveri e vulnerabili. Crediamo che sia giunto il momento di uscire allo scoperto e, senza alcuna difesa di categoria, di chiedere alla politica di occuparsi dell’infanzia. La Commissione europea ha recentemente affermato, come ricorda anche Arianna Saulini (coordinatrice del network CRC, Medico e Bambino 2014;33(6):348-9 ), che bisogna necessariamente investire sull’infanzia se si vuole spezzare davvero il circolo vizioso dello svantaggio sociale. La recente ricostituzione dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, decisa dal ministro Poletti, è una buona notizia in tal senso. In ambito prettamente sanitario chiediamo che ci si avvii rapidamente verso un’unica figura di pediatra delle cure primarie con funzioni assistenziali e preventive rivolte al singolo e alla comunità e che gli ospedali vengano riorganizzati in base a diversi livelli di intensità di cura con l’istituzione di terapie semintensive pediatriche, ripensando a nuove funzioni per quelle Unità operative di piccole dimensioni e all’individuazione di strutture di 2°-3° livello che garantiscano la presenza delle subspecialità pediatriche. La proposta che vogliamo avanzare è quella di rompere gli indugi e chiedere tutti insieme, superando confini e ideologismi sterili, al Presidente del Consiglio di accendere i riflettori sull’infanzia. Del resto ha iniziato il suo incarico recandosi nelle scuole elementari e incontrando bambini e maestre. Ora chiediamo di incontrare tutti gli operatori che si occupano di infanzia nel solo interesse di salvaguardare la salute dei bambini. La notizia, appresa mentre scrivo queste righe, di assegnare alle neomamme dal prossimo gennaio 80 euro al mese fino al terzo anno di vita del bambino ci sembra una buona notizia, ma da sola non è sufficiente. Noi sappiamo che se si investe sull’infanzia sarà tutta la società ad avere benefici, non subito, non adesso, ma tra dieci o venti anni. Questo dovrebbe essere il salto di qualità della politica di oggi: investire sul futuro e pensare al domani che verrà.