La vita del bambino in ospedale: molto resta da fare
- 23 Apr 2008 alle 09:24:00
![](https://acp.it/assets/media/1.gif)
Un ospedale a misura di bambino
Franco Angeli, 2004
pp. 202, euro 18,50
Alla fine degli anni Cinquanta, in Gran Bretagna, venne pubblicato il rapporto Platt (The welfare of children in hospital).
Nel 1973 Feltrinelli pubblicò Bambini in ospedale di J. Robertson; nel 1980 uscì, presso la Nuova Italia, il libro di Klinzing Il bambino in ospedale, la cui versione inglese era uscita tre anni prima e che era centrato sulle tecniche di comunicazione per il personale sanitario. Quasi contemporaneamente era uscito L’infermiera pediatrica di Cislaghi e Nicolini, che puntava anche questo sulla formazione.
Nel giugno 1986 compariva la Carta europea dei diritti dei bambini in ospedale. È un po’ la storia della nostra lenta sensibilizzazione a questo problema che si ripercorre leggendo il libro di Giuliana Filippazzi, che è coordinatrice europea di European Association for Children in Hospital (EACH). Si trattò di una sensibilizzazione grossolana a un problema del quale nessuno, nel corso di studi di laurea e di specializzazione, ci aveva parlato.
La situazione attuale non è molto cambiata e stupisce leggere che qualche anno fa è stata proposta in alcuni ospedali francesi una guardia di accoglienza (accogliere il malato, presentare i servizi e accompagnarlo) per gli studenti del 2º e 3º anno di Medicina! Del resto in non pochi Paesi della UE non solo l’accoglimento dei genitori è una parte non trascurabile del percorso di accettazione e di accompagnamento, ma la Partnership in care comporta il loro coinvolgimento nell’assistenza. Il libro della Filippazzi esamina ogni particolarità della presenza del bambino in ospedale, dall’accoglienza alla funzione dei genitori, alle attività creative (disegno, musica, lettura eracnei vari Paesi della UE: particolarmente interessante il progetto Hospital Arts del Chel sea & Westminster Hospital di Londra. Una particolare attenzione è data alle modifiche am bientali e alle modificazioni della vita in terna delle UO di Pediatria sulle quali abbiamo pubblicato un articolo su Qua der ni acp (Quaderni acp 2007;4:171) e su cui stiamo conducendo una indagine che procede molto faticosamente.
Su questo argomento il libro riporta interessanti esperienze nazionali e internazionali. In Italia molto resta da fare sia nel campo dell’attuazione della Carta europea dei diritti dei bambini in ospedale, ma soprattutto, nel campo della formazione degli operatori sanitari, pediatri in prima linea. La formazione del personale sanitario è centrata sulla malattia biologica, molto poco o nulla, invece, sul malato e sulle sue esigenze. Attualmente tutto è affidato alla buona volontà e alla fantasia dei medici che non sempre bastano e alle associazioni di volontariato. Di queste alcune (la EACH è la maggiore), attive nei vari Paesi europei, si incontrano periodicamente per confrontare le iniziative e prenderne di nuove.
Nel 1973 Feltrinelli pubblicò Bambini in ospedale di J. Robertson; nel 1980 uscì, presso la Nuova Italia, il libro di Klinzing Il bambino in ospedale, la cui versione inglese era uscita tre anni prima e che era centrato sulle tecniche di comunicazione per il personale sanitario. Quasi contemporaneamente era uscito L’infermiera pediatrica di Cislaghi e Nicolini, che puntava anche questo sulla formazione.
Nel giugno 1986 compariva la Carta europea dei diritti dei bambini in ospedale. È un po’ la storia della nostra lenta sensibilizzazione a questo problema che si ripercorre leggendo il libro di Giuliana Filippazzi, che è coordinatrice europea di European Association for Children in Hospital (EACH). Si trattò di una sensibilizzazione grossolana a un problema del quale nessuno, nel corso di studi di laurea e di specializzazione, ci aveva parlato.
La situazione attuale non è molto cambiata e stupisce leggere che qualche anno fa è stata proposta in alcuni ospedali francesi una guardia di accoglienza (accogliere il malato, presentare i servizi e accompagnarlo) per gli studenti del 2º e 3º anno di Medicina! Del resto in non pochi Paesi della UE non solo l’accoglimento dei genitori è una parte non trascurabile del percorso di accettazione e di accompagnamento, ma la Partnership in care comporta il loro coinvolgimento nell’assistenza. Il libro della Filippazzi esamina ogni particolarità della presenza del bambino in ospedale, dall’accoglienza alla funzione dei genitori, alle attività creative (disegno, musica, lettura eracnei vari Paesi della UE: particolarmente interessante il progetto Hospital Arts del Chel sea & Westminster Hospital di Londra. Una particolare attenzione è data alle modifiche am bientali e alle modificazioni della vita in terna delle UO di Pediatria sulle quali abbiamo pubblicato un articolo su Qua der ni acp (Quaderni acp 2007;4:171) e su cui stiamo conducendo una indagine che procede molto faticosamente.
Su questo argomento il libro riporta interessanti esperienze nazionali e internazionali. In Italia molto resta da fare sia nel campo dell’attuazione della Carta europea dei diritti dei bambini in ospedale, ma soprattutto, nel campo della formazione degli operatori sanitari, pediatri in prima linea. La formazione del personale sanitario è centrata sulla malattia biologica, molto poco o nulla, invece, sul malato e sulle sue esigenze. Attualmente tutto è affidato alla buona volontà e alla fantasia dei medici che non sempre bastano e alle associazioni di volontariato. Di queste alcune (la EACH è la maggiore), attive nei vari Paesi europei, si incontrano periodicamente per confrontare le iniziative e prenderne di nuove.
Giancarlo Biasini