I determinanti sociali della salute: chi sono costoro?
- 20 Gen 2009 alle 17:31:00
La commissione sui determinanti sociali della salute, alla quale ha partecipato Giovanni Berlinguer, membro del Parlamento europeo, ha pubblicato il suo Statement.
Berlinguer ci aveva offerto in gennaio 2008 un interim statement al convegno dell’ACP Campania. La conclusione della commissione è che la disperazione, l’impotenza e la paralisi possono essere superati dall’ottimismo, dalla forza degli atti e da una “muscolarità” della politica.
Questo è il commento di Lancet del 30 agosto 2008. È chiaro infatti che l’obiettivo di una maggiore equità nella salute (in casa e al lavoro, degli uomini e delle donne, nelle città e nelle campagne e per tutte le età) non è un obiettivo del solo settore sanitario: è un obiettivo di tutta la
società. Talora comunque ci sono degli strani dirigenti della sanità che sono capaci di pensare di essere da soli capaci di ottenere risultati indipendentemente dalla ricchezza, dalla cultura, dal capitale sociale, dalla storia personale fin dalle prime epoche della vita, dei singoli, e della comunità. Questa cattiva co scienza del reale deriva in particolare da una scarsa o nessuna conoscenza dell’importanza dei determinanti sociali che sono un “principio guida” in ogni lavoro di
costruzione di equità. Spesso né i medici, né i policy-makers, in ogni parte del mondo (tanto meno di dirigenti delle nostre ASL) hanno ben chiaro questi problemi e difficilmente, perciò, possono trasferire i principi di equità che emergono dalla ricerca nella loro pratica. Spesso non si pongono il problema. Il rapporto della commissione dovrebbe essere letto e meditato da tutti coloro che sono impegnati nella tutela della salute pubblica. Lo faranno? Po che sono le speranze (www.who.int/social_dterminants/speech/en/print.html).
Berlinguer ci aveva offerto in gennaio 2008 un interim statement al convegno dell’ACP Campania. La conclusione della commissione è che la disperazione, l’impotenza e la paralisi possono essere superati dall’ottimismo, dalla forza degli atti e da una “muscolarità” della politica.
Questo è il commento di Lancet del 30 agosto 2008. È chiaro infatti che l’obiettivo di una maggiore equità nella salute (in casa e al lavoro, degli uomini e delle donne, nelle città e nelle campagne e per tutte le età) non è un obiettivo del solo settore sanitario: è un obiettivo di tutta la
società. Talora comunque ci sono degli strani dirigenti della sanità che sono capaci di pensare di essere da soli capaci di ottenere risultati indipendentemente dalla ricchezza, dalla cultura, dal capitale sociale, dalla storia personale fin dalle prime epoche della vita, dei singoli, e della comunità. Questa cattiva co scienza del reale deriva in particolare da una scarsa o nessuna conoscenza dell’importanza dei determinanti sociali che sono un “principio guida” in ogni lavoro di
costruzione di equità. Spesso né i medici, né i policy-makers, in ogni parte del mondo (tanto meno di dirigenti delle nostre ASL) hanno ben chiaro questi problemi e difficilmente, perciò, possono trasferire i principi di equità che emergono dalla ricerca nella loro pratica. Spesso non si pongono il problema. Il rapporto della commissione dovrebbe essere letto e meditato da tutti coloro che sono impegnati nella tutela della salute pubblica. Lo faranno? Po che sono le speranze (www.who.int/social_dterminants/speech/en/print.html).