Livelli essenziali delle prestazioni sociali: servizi prioritari per la prima infanzia
- 20 Gen 2009 alle 17:34:00
La definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (Leps) costituisce una scelta prioritaria e urgente per garantire diritti sociali alle persone e alle famiglie e per promuovere un nuovo rapporto tra le istituzioni e tra queste e i cittadini. È questo il risultato dell’indagine “Diritti sociali
e livelli essenziali delle prestazioni”, presentata a Roma dagli esperti dell’Osservatorio nazionale sull’applicazione della legge 328/2000, a cui partecipano Anci, Cgil-Cisl-Uil, Lega autonomie, Upi
e il terzo settore. La definizione dei livelli essenziali è la via prevista dalla Costituzione per l’esplicita affermazione di diritti sociali e delle prestazioni individuate per garantirli. La ricerca indica alcuni ambiti d’intervento come prioritari: in primo luogo un piano di servizi per la prima infanzia, un programma completo di assicurazione contro il rischio della non autosufficienza per gli anziani, fondato – accanto a trasferimenti monetari, che prendono le mosse da una riforma dell’indennità di accompagnamento – sull’offerta di una gamma adeguata di servizi, un programma di contrasto della povertà, ripartendo dal reddito minimo di inserimento attuato negli altri Paesi europei e testato anche in Italia. Infine, il riordino o la riforma degli interventi di defiscalizzazione ed erogazione economica per il sostegno alle responsabilità familiari.
Su questi ambiti di particolare urgenza la ricerca offre tre “prove di declinazione” dei livelli essenziali. Una ipotesi di lavoro che va allargata a tutti gli ambiti di fragilità sociale.
Se è difficile dire quanto costerebbe allo Stato italiano introdurre i livelli essenziali per le prestazioni sociali e garantirne l’attuazione (anche perché non esistono dati aggiornati sulla spesa sociale degli enti pubblici), dalle simulazioni emergono tuttavia alcune utili indicazioni. Per esempio, per garantire un piano completo di servizi per la non autosufficienza, che preveda tra l’altro assistenza domiciliare o in strutture di accoglienza, servirebbero 4 miliardi di euro. Analoga cifra richiederebbe un intervento strutturato sulla povertà. Per riorganizzare un sistema efficiente di welfare, ripartendo dai Leps, servirebbe circa un 1% di Pil in più. La spesa per la protezione sociale nel suo insieme (sanità, pensioni, pensioni sociali, assicurazioni sul mercato di lavoro ecc.) in Italia è aumentata tra il 1997 e il 2006, passando dal 23,8% al 25,3% del Pil, la quota di spesa per l’assistenza nello stesso periodo è passata dal 3,5% al 3% del Pil e quella delle prestazioni per la spesa di protezione sociale dal 14,6% all’11,9% (Redattore sociale).
e livelli essenziali delle prestazioni”, presentata a Roma dagli esperti dell’Osservatorio nazionale sull’applicazione della legge 328/2000, a cui partecipano Anci, Cgil-Cisl-Uil, Lega autonomie, Upi
e il terzo settore. La definizione dei livelli essenziali è la via prevista dalla Costituzione per l’esplicita affermazione di diritti sociali e delle prestazioni individuate per garantirli. La ricerca indica alcuni ambiti d’intervento come prioritari: in primo luogo un piano di servizi per la prima infanzia, un programma completo di assicurazione contro il rischio della non autosufficienza per gli anziani, fondato – accanto a trasferimenti monetari, che prendono le mosse da una riforma dell’indennità di accompagnamento – sull’offerta di una gamma adeguata di servizi, un programma di contrasto della povertà, ripartendo dal reddito minimo di inserimento attuato negli altri Paesi europei e testato anche in Italia. Infine, il riordino o la riforma degli interventi di defiscalizzazione ed erogazione economica per il sostegno alle responsabilità familiari.
Su questi ambiti di particolare urgenza la ricerca offre tre “prove di declinazione” dei livelli essenziali. Una ipotesi di lavoro che va allargata a tutti gli ambiti di fragilità sociale.
Se è difficile dire quanto costerebbe allo Stato italiano introdurre i livelli essenziali per le prestazioni sociali e garantirne l’attuazione (anche perché non esistono dati aggiornati sulla spesa sociale degli enti pubblici), dalle simulazioni emergono tuttavia alcune utili indicazioni. Per esempio, per garantire un piano completo di servizi per la non autosufficienza, che preveda tra l’altro assistenza domiciliare o in strutture di accoglienza, servirebbero 4 miliardi di euro. Analoga cifra richiederebbe un intervento strutturato sulla povertà. Per riorganizzare un sistema efficiente di welfare, ripartendo dai Leps, servirebbe circa un 1% di Pil in più. La spesa per la protezione sociale nel suo insieme (sanità, pensioni, pensioni sociali, assicurazioni sul mercato di lavoro ecc.) in Italia è aumentata tra il 1997 e il 2006, passando dal 23,8% al 25,3% del Pil, la quota di spesa per l’assistenza nello stesso periodo è passata dal 3,5% al 3% del Pil e quella delle prestazioni per la spesa di protezione sociale dal 14,6% all’11,9% (Redattore sociale).