Gli affetti come antidoto alla difficoltà di accudimento
- 24 Mag 2010 alle 11:36:00
Giuliana Mieli
Il bambino non è un elettrodomestico
Urra-Apogeo, 2009,
pp. 208, euro 13
Il bambino non è un elettrodomestico
Urra-Apogeo, 2009,
pp. 208, euro 13
Per noi pediatri il titolo di questo libro è abbastanza familiare: sempre più frequentemente gli sguardi dei genitori con un neonato in braccio sembrano chiedere: “Per favore, può spiegarmi come si accende e come si spegne questa cosina morbida e incomprensibile?”. Questo libro è ricco di argomenti e riflessioni per aiutare operatori e genitori a trovare soluzioni e risposte ai principali problemi collegati alla nascita e alla crescita del bambino. L’Autrice è un’esperta psicologa che ha passato buona parte della sua vita professionale in un grande centro nascita; è quindi sul campo che ha potuto accompagnare molti genitori in difficoltà ma anche aiutare medici, ostetriche e infermiere a leggere con maggiore profondità luci e ombre della gravidanza, del parto e del successivo lungo cammino della crescita. Il bambino che ci presenta Giuliana Mieli è competente, in grado di manifestare bisogni e desideri, capace di sollecitare la genitorialità della madre e del padre; sembrano invece gli adulti più in difficoltà nel regolare e controllare i comportamenti di cura. L’Autrice suggerisce che il nodo da sciogliere riguarda i sentimenti e le emozioni, che vanno liberati da inutili schemi così da permettere il formarsi di una relazione che è il fine e il mezzo di un accudimento adeguato. La Mieli ha studiato e approfondito sia l’ambito della psicologia clinica sia quello della filosofia teoretica; da questo connubio di conoscenze emerge una visione della maternità e della genitorialità a nostro avviso molto interessante e originale sia per i genitori che per gli operatori. I capitoli centrali del libro riferiscono, con linguaggio divulgativo ma con precisione e profondità, le teorie e le idee di importanti pensatori del ’900: Needham, Whitehead, Husserl, Paci (ma vengono analizzate anche le teorie della fisica quantistica che ha rivoluzionato la visione della realtà galileiana e cartesiana). Da questo excursus filosofico esce una profonda ma costruttiva critica all’attuale modo di considerare la salute e la nascita. L’Autrice boccia decisamente la visione troppo meccanicistica e deterministica che ancora regola il sapere e il fare della scienza e della medicina moderna. Un antidoto o un correttivo è indicato negli affetti, nella possibilità di esprimere emozioni e sentimenti, approdando a comportamenti capaci di creare relazioni vere e profonde. L’esperienza della nascita e della conseguente genitorialità è in grado di innescare questa rivoluzione culturale e la psicologia può promuovere e favorire questo delicato processo (purtroppo la figura dello psicologo nei nostri centri nascita è poco presente, quando non addirittura assente, limitandosi spesso alla gestione dei casi più eclatanti e patologici). A partire da questa analisi della società e del nostro attuale stile di vita, la Mieli rilegge la teoria dell’attaccamento approfondendo le riflessioni di Fairbairn, Bowlby, Winnicott, Ainsworth, Miller. Ne esce un affresco chiaro e convincente, dove il bambino non è più ‘un elettrodomestico’ ma un essere pieno di vita e di energia emotiva, e i suoi genitori degli adulti che riscoprono i significati profondi dell’esistenza e maturano attraverso questa esperienza un’affettività consapevole ed equilibrata. È da questa relazione affettiva che il bambino gradualmente sviluppa la propria autonomia e può iniziare a dare il proprio contributo a un mondo più umano e felice. L’ultima parte del libro affronta più concretamente le problematiche della medicalizzazione del parto e del sostegno di cui hanno bisogno i genitori. Ancora una volta si suggerisce di cercare nella qualità affettiva dell’ambiente e della relazione la soluzione alle difficoltà del dare alla luce e del diventare genitori, così da integrare e correggere quei percorsi tecnologici che da soli in molti casi anziché illuminare occultano e confondono.
Alessandro Volta