L’ultimo momento di vita
- 06 Set 2008 alle 09:01:00

Modi di morire
Bollati Boringhieri, 2008
pp. 111, euro 10
Se il significato della morte appartiene al regno della fede o al mistero presente in ognuno di noi, il morire invece, come dice l’autrice di questo breve saggio, appartiene alla vita e va vissuto. Appunto, perché il morire è una parte della nostra vita, deve avere per ognuno di noi un significato. Questo momento è così importante che spesso al medico è chiesto di parteciparvi. Tuttavia a noi medici è stato insegnato a diagnosticare la morte, non ad accompagnare la persona nel morire.
Il tema della morte, del morire e del come si muore ha portato Iona Heath, l’autrice di questo libro e medico di famiglia inglese, a raccontare le proprie riflessioni ed esperienze che l’hanno condotta a considerare il morire come un momento della storia di ogni persona dove non tutto finisce, ma tutto deve necessariamente acquistare un senso compiuto. In questo senso l’opera del medico non è intesa come guaritrice o dispensatrice di farmaci, ma come preziosa testimonianza di un sapere e di esperienza unici e distintivi per far sì che il morire non diventi un’occasione mancata di vita.
Il farmaco che l’autrice ci invita a utilizzare non è un preparato chimico ma è la medicina narrativa, una medicina che sembrava non esistere più dopo la rivoluzione illuministica e tecnicistica della clinica medica, e che grazie alla Evidence Based Medicine è stata riscoperta come ha brillantemente spiegato anche Giorgio Bert nel suo recente “Medicina narrativa”. La parola “parlata” quindi acquista in questo modo un valore non solo terapeutico ma esistenziale perché il significato della propria esperienza di vita rimane comprensibile solo all’interno di una relazione.
La Heath con sincera umiltà esprime le difficoltà che, come persona e medico, deve affrontare nel vivere insieme al paziente la fine del romanzo di una vita dove il trovare un senso all’esistenza diventa un autentico atto creativo. “È gravoso morire ed è gravoso fare il medico: misurarsi, ogni giorno di lavoro, con la sofferenza e la finitudine e con la ricorrente consapevolezza dei limiti della
scienza e della nostra competenza”. Un breve e intenso saggio dove brani di prosa e di poesia sono parte integrante del testo.
Il tema della morte, del morire e del come si muore ha portato Iona Heath, l’autrice di questo libro e medico di famiglia inglese, a raccontare le proprie riflessioni ed esperienze che l’hanno condotta a considerare il morire come un momento della storia di ogni persona dove non tutto finisce, ma tutto deve necessariamente acquistare un senso compiuto. In questo senso l’opera del medico non è intesa come guaritrice o dispensatrice di farmaci, ma come preziosa testimonianza di un sapere e di esperienza unici e distintivi per far sì che il morire non diventi un’occasione mancata di vita.
Il farmaco che l’autrice ci invita a utilizzare non è un preparato chimico ma è la medicina narrativa, una medicina che sembrava non esistere più dopo la rivoluzione illuministica e tecnicistica della clinica medica, e che grazie alla Evidence Based Medicine è stata riscoperta come ha brillantemente spiegato anche Giorgio Bert nel suo recente “Medicina narrativa”. La parola “parlata” quindi acquista in questo modo un valore non solo terapeutico ma esistenziale perché il significato della propria esperienza di vita rimane comprensibile solo all’interno di una relazione.
La Heath con sincera umiltà esprime le difficoltà che, come persona e medico, deve affrontare nel vivere insieme al paziente la fine del romanzo di una vita dove il trovare un senso all’esistenza diventa un autentico atto creativo. “È gravoso morire ed è gravoso fare il medico: misurarsi, ogni giorno di lavoro, con la sofferenza e la finitudine e con la ricorrente consapevolezza dei limiti della
scienza e della nostra competenza”. Un breve e intenso saggio dove brani di prosa e di poesia sono parte integrante del testo.
Costantino Panza